ENERGIA EOLICA E IDROCINETICA
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L'arpa eolica

L’arpa eolica (l’aggettivo deriva da Eolo, secondo la mitologia, re dei venti e quindi, per estensione, del vento, dei venti, delle grotte, gli antri e delle procelle dal latino Aeolius, gr. Αἰόλιος, da Αἴολος «Eolo») è uno strumento appartenete alla famiglia dei cordofoni e consiste in uno strumento a corda azionato dal vento. Esistono innumerevoli testimonianze storiche e versioni di questo strumento che è presente in forme diverse in ogni cultura e luogo del mondo, ma esso è sostanzialmente una cetra o un’arpa, le cui corde sono messe in vibrazione dall’aria anziché essere pizzicate dalle dita o da sistemi di percussione o di sfregamento.
In figura 1 vengono riportati esempi di moderne arpe eoliche.
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Cenni storici
 
Nonostante l’arpa eolica abbia raggiunto il periodo di massimo fulgore e diffusione nel periodo romantico (alla fine del XIX secolo ne venivano prodotti esemplari da installarsi sulle finestre, simili a quello di figura 1), risulta che essa ben conosciuta già nel passato.
Secondo il Talmud, gli antichi commenti rabbinici sulla Sacra Scrittura, il re Davide era uso bloccare la lira nella finestra della sua camera da letto al momento di ritirarsi per la notte. Il vento del nord, che soffiava attraverso l'arpa, svegliava David attorno a mezzanotte per consentirgli di recitare il Mattutino.
I Salmi della Bibbia sono in gran parte attribuiti al re Davide, che li cantava secondo le Scritture suonando sua arpa. L'arpa eolica era in tal modo vista come un simbolo di ispirazione divina, che unisce l'arpa di Davide con il vento, che è un simbolo dello Spirito Santo.
 
Una delle prime apparizioni dello strumento nella mitologia della cultura greca è nel VI secolo AC circa quando Orfeo, il ‘primo’ fra tutti i poeti, leggeva poesie accompagnato dalla musica dell’arpa eolica. Una delle Muse nella mitologia greca, Tersicoree [Τερψιχόρη], è a volte raffigurata reggere un'arpa eolica. In figura 2 si riporta una scultura di John Walsh del 1771, rappresentante la Musa Terpsichore che regge un’arpa eolica.
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Figura 2-  Tersicoree, Scultura di John Walsh, 1771, Somerset County Museum a Taunton
Il grande santo inglese, San Dunstan, era un suonatore di arpa, e secondo la Legenda Aurea (una raccolta medievale di biografie agiografiche composta in latino da Jacopo da Varazze, frate domenicano e vescovo di Genova compilata dal 1260 fino alla morte dell'autore, avvenuta nel 1298), l'arpa, una volta costruita suonava senza mani umane:
“E un'altra volta durante le sue meditazioni, mentre aveva appeso al muro nella sua camera un’arpa, su cui avrebbe suonato inni della Madonna, e di altri santi, e inni sacri, fu così che l'arpa prese a suonare in modo melodioso senza tocco visibile di mano. Questo inno era Gaudent in Celis animæ sanctorum, dal quale santo Dunstan riceveva grande gioia” (da Legenda Aurea).
 
Nel rinascimento compaiono i primi scritti che descrivono lo strumento e la sua progettazione. Spiega Giambattista Della Porta, dal suo libro Magiae Naturalis (un libro di divulgazione scientifica, suggerimenti per la casa, e scherzi del 1558);
 
“Fai così, quando il vento è molto tempestoso metti i tuoi strumenti come arpe, Flauti, dulcimeri, canne proprio contro di esso,. Il vento scorrerà con forza contro di loro, e li suonerà, correndo nei fori delle canne. Onde se starai vicino e ascolterai, sentirai la musica più piacevole con il consenso di tutti, e ne riceverai gioia”.
 
Più tardi, gli artigiani del Rinascimento riprodurranno lo strumento, affascinati dalle sue proprietà fisiche ed eteriche.
L’enciclopedia Treccani riporta una descrizione dell’ Eolia, strumento la cui invenzione è attribuita a un arcivescovo di Canterbury nel sec. X, ma probabilmente uno strumento simile era noto nelle civiltà dell'Estremo Oriente. Le corde dell'arpa eolia sono poco tese e tutte intonate nella stessa nota (all’unisono). Athanasius Kircher (1602–  1680), gesuita, filosofo, storico e museologo tedesco del XVII secolo nella sua Musurgia universalis, sive ars magna consoni et dissoni (1650) ne studia la struttura, l'accordatura, la sonorità, ecc. Nella sua forma normale Kirchner descrive uno strumento (vedi figura 3) alto circa mezzo metro, munito di quindici corde, tese sopra due ponticelli.
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Figura 3  - L’arpa eolica descritta da Kirchner - Musurgia Universalis sive ars magna consoni et dissoni in IX. libros digesta [volume 2] Trad: MACHINAMENTUM X. Poiché lo strumento è nuovo, quindi è anche facile da costruire e molto piacevole. È l'ammirazione di ognuno. È fatto esattamente per la misura di una finestra, in cui è collocato; e l'arpa, mentre la finestra resta chiusa, tace: ma non appena viene aperta, un suono armonioso, anche se un po’ malinconica, proveniente dal vento che passa, stupisce gli ascoltatori; perché non sono in grado di percepire donde è ricavato il suono, e neppure che tipo di strumento è, poiché non assomiglia né al suono di una corda né di strumento pneumatico, ma a entrambi. Lo strumento deve essere fatto di legno di pino, lungo cinque palmi, largo due e fondo uno. Può contenere quindici o più corde, tutti uguale e composte da intestini degli animali. Dovrebbe essere situato in un luogo chiuso, così che l'aria possa avere libero accesso ad essa da entrambi i lati, in modo che, come si può osservare, il vento può essere raccolto con vari metodi; in primo luogo, da canali, che sono fatti in forma di coni o conchiglie, oppure da valvole; tali valvole devono essere posizionate sul lato interno della stanza, con tavole parallele all'interno della camera; il suo suono è molto simile a quella di tubi e flauti che suonano all'unisono….
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Successivamente l’arpa eolica è divenuta molto popolare nel periodo romantico, dopo il quale essa ha conosciuto un declino che è durato fino agli anni 70 del secolo scorso, periodo nel quale è rinato un interesse per questo strumento, specialmente sulla scia delle sensibilità del movimento new age. Tuttavia attualmente è uno strumento non disponibile sul mercato e viene costruita solo su ordinazione.
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Figura 4 - anonimo

Struttura
 
La struttura dell’arpa eolica è abbastanza semplice e può assumere varie forme. Lo strumento prevede le seguenti parti come riportato in figura 5:
 
  1. le corde;
  2. una struttura rigida o cassa armonica forata che sostiene le corde e che al contempo serve come corpo di irradiazione del suono, poiché la corda in sé è un debole irradiatore. Essa sostiene la tensione delle corte e alloggia la tavola armonica. Quest’ultima svolge la funzione di elemento irradiante; in alcune arpe eoliche la cassa armonica è assente e l’arpa eolica è simile alla lira; negli strumenti moderni al posto della cassa armonica possono essere utilizzati trasduttori magnetici, comunemente impiegati nelle chitarre elettriche, per catturare il suono e poi amplificarlo  elettronicamente.
  3. un meccanismo che pone in tensione le corde al di sopra della struttura;
  4. I ponti (o ponticelli) che sostengono le corde alle estremità della loro lunghezza di vibrazione e che trasmettono le vibrazioni al corpo dello strumento;
  5. Uno strumento di accordatura;
Nelle cetre le corde sono posizionate parallelamente alla tavola armonica e possono coprire tutta la tavola armonica o possono sporgere da essa (come nei liuti o nelle lire), ricoprendola in tutto o in parte. Nelle arpe le corde formano un certo angolo con la tavola armonica.
La costruzione dello strumento non presenta particolari difficoltà tecniche, essendo composto da poche parti con forme semplice (generalmente squadrate), ma non questo aspetto non deve trarre in inganno. Infatti la scelta del materiale e spessore delle corde come pure la tensione alla quale vanno sottoposte segue in principio le stesse regole del progetto di incordatura di ogni strumento a corda (archi e tastiere). Anche l’accordatura è un processo complesso.
Se le corde sono dello stesso materiale e della stessa lunghezza, la scelta di corde di diametro diverso implica che ogni corda vibri ad una frequenza ben precisa emettendo una nota (con le sue armoniche) ad un valore di velocità del vento ben definita. Quando la velocità del vento cambia, cambia anche la frequenza e quindi la nota emessa.
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Figura 5 – schema costruttivo di un’arpa eolica
Il suono
 
Il metodo di generazione sonora non è stato ancora chiaramente compreso. Kirchner, osservando che più note possono essere emesse dalla stessa corda, ha suggerito che la corda agisca analogamente al prisma per la luce. Da allora, sono state propugnate molte teorie, spesso fantasiose e non scientifiche.
Nel rinascimento si riteneva che i suoni musicali non dipendessero solo da ciò che risuona, ovvero le  corde o l’arpa nel suo complesso, ma anche e soprattutto in ciò che fa risuonare, ovvero in questo caso il vento. «In generale, a suonare è propriamente il corpo o l’aria? -si chiede Novalis[1]- il fluidum elastico non è forse la vocale, e il corpo la consonante? l’aria il sole, e i corpi i pianeti, quello la prima voce, questi la seconda?» . Per William, F.R.S Jones[2] (Physiological Disquisitons, Discourses On The Natural Philosophy Of The Elements Part VI. On Sound And Music., part 6. On the Aeolian Harp; pp.338-345; plus plate IV, 1781), «la musica è nell’ aria come i colori sono nella luce». Quando un corpo rifrange i raggi di luce, non produce i colori che vengono visti, ma fa sì che sia la luce a produrli. Allo stesso modo, «un corpo sonoro non dà suoni musicali ma fa sì che sia l’aria a darli, e come i colori sono prodotti dalla rifrazione della luce, così i suoni lo sono da analoghe rifrazioni dell’aria. Ancora: come la luce non mostra alcun colore particolare se non si frammette un corpo a separare i suoi raggi, così l’aria non dà suono se non interviene un corpo sonoro a separare le sue parti.
Jones proponeva anche un esperimento, per dimostrare che la relazione da lui supposta tra aria e luce non era immaginaria: «come la luce quando viene rifratta ci dà sette colori, e non i più; così l’aria genera sette gradi di sonorità all’ interno del sistema dell’ottava [...] lo spettro prismatico, sulla base di una sua accurata osservazione, fu dimostrato esibire gli stessi gradi della serie dei toni e semitoni nell’ottava. [...] L’analogia tra suoni e colori è molto stretta, e può essere condotta molto lontano. [...] Insomma, la arpa eolia può venire considerata come un prisma aereo, per la separazione fisica dei suoni musicali» .


[1] Novalis, pseudonimo di Georg Friedrich Philipp Freiherr von Hardenberg (Schloss Oberwiederstedt, 2 maggio 1772 – Weißenfels, 25 marzo 1801), è stato un poeta, teologo, filosofo e scrittore tedesco. Fu uno dei più importanti rappresentanti del romanticismo tedesco prima della fine del Settecento e creatore del fiore azzurro, ovvero il nontiscordardimé, uno dei simboli più durevoli del movimento romantico

[2] William Jones, FRS (1675 - 3 luglio 1749) era un matematico gallese, noto per la sua proposta per l'uso del simbolo π (la lettera pi greco) per rappresentare il rapporto tra la circonferenza di un cerchio e il suo diametro. Era un amico di Sir Isaac Newton e Sir Edmund Halle.
In epoca moderna, Etkin altri negli Stati Uniti nel 1956 suggeriscono che il suono sia generato da un sistema di vortici generato nel flusso d'aria che lambisce la corda. A valle di ogni corda si instaurano una serie di vortici (detti vortici di von Karman) regolari controrotanti (che ruotano in senso orario ed in senso antiorario) che generano una scia regolare. Il distacco dei vortici determina delle forze trasversali sulla corda (vedi figura 6). Per una data velocità dell'aria si stabilisce una scia che dipende dal diametro e dalla distanza tra ogni corda. Più vicine le corde più complessa la struttura sonora che ne nasce.
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La complessità ed imprevedibilità del suono viene prodotta proprio dalla variabilità di intensità e direzione del vento. A causa di questa caratteristica, i toni variano da istante ad istante. Anche un ventilatore infatti potrebbe ovviamente fare funzionare un’arpa eolica, ma i suoni prodotti sono monotoni.
Le arpe eoliche hanno la particolarità di essere l'unico strumento cordofono la cui musica è composta interamente da suoni armonici, creando una risonanza vibrante non ascoltabile negli strumenti ordinari nei quali è presente l’esecutore. Esse sono anche gli unici strumenti azionati esclusivamente dal vento. 
Queste due caratteristiche si combinano per creare una musica che per molte persone è particolarmente evocativa e rilassante.
Anche in presenza della cassa di risonanza il suono prodotto è flebile e può essere percepito sono in ambienti naturali con scarso rumore di fondo. Esso non può competere con l’elevato livello di rumore di fondo degli ambienti industrializzati. Un adeguamento tecnologico, come già anticipato è ottenibile con magneti amplificatori.

Composizioni musicali 

 
Ovviamente non possono esistere composizioni per questo strumento, ma solo tentativi di riprodurne le sonorità. Il suo suono affascinante e misterioso ha ispirato vari compositori. A parte il noto studio per pianoforte n. 1 op. 25 di Frederick Chopin, a cui Robert Schumann ha attribuito il soprannome di “arpa eolica”, Henry Cowell, uno dei grandi innovatori della letteratura pianistica del secolo scorso, ha inventato tecniche come il pizzicato diretto sulle corde e il loro sfioramento a pedale abbassato per il famoso brano The Sword of Oblivion (1920-1922). Oltre a questo si ricordano Aeolian Harp del 1923, ampliando poi queste tecniche in brani successivi, come The Banshee (1925), Duett to St. Cecilia (1925), The Sleep Music of Dagna (1926), The Fairy Bells (1928), The Leprechaun (1928), The Fairy Answer (1929), and Irish Epic Set (1946).
 
Letteratura
 
La musica dell'arpa eolica ha ispirato molti poeti romantici come Wordsworth, Emerson, e Coleridge (The Eolian Harp, 1795.), che ha scritto delle sue “ethereal melodies” ( "melodie eteree"). Lo scrittore naturalista e poeta Henry David Thoreau ha costruito le proprie arpe eoliche, essendo ispirato, in parte, dai suoni che sentiva dai fili del telegrafo fantasticando che i venti potessero animarli (“telegraph arps”).
I poeti romantici videro in questi strumenti il suono autentico della natura - o Dio, alla conclusione che esse fossero fonti di ispirazione naturale o divina. Queste arpe sono state viste come
Inizialmente le arpe eoliche sono state viste come strumenti passivi, per poi capire che a seconda delle loro soluzioni costruttive, potevano trasformare attivamente il vento in musica, e così sono diventate un simbolo degli stessi poeti ispirati. ‟Make me thy lyre, even as the forest is,” (“Fammi la tua lira, anche se la foresta è”), ha scritto Percy Bysshe Shelley, nella sua Ode poesia al Vento Nord, dove chiede di diventare uno strumento delle forze del cambiamento della società, simboleggiato da un vento di ponente feroce e potente che soffia attraverso una foresta. Shelley ha pensato che il ruolo del poeta, come un‘arpa eolica, fosse quello di formare e trasformare le forze tempestose della natura, o i misteriosi impulsi spirituali, in qualcosa di più ordinato e armonioso.
Se il mondo inglese ha visto l'arpa eolia come fonte di ispirazione, quello tedesco le ha attribuito una sonorità malinconica e capace di infondere nell'ascoltatore una nostalgia per il cielo e le cose al di là di questo mondo. Gli americani invece si sono trovati attratti per ragioni più pragmatiche, percependo nel tipo di suono lo spirito ottimistico della natura.

Pittura
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La pittura romantica, ispirata dai poemi e poesie del periodo, ha rappresentato spesso l’arpa eolica in contesti agresti, un esempio è il quadro di Turner, intitolato Eolo con la sua arpa suonata dai quattro venti, del 1809 (figura 7, ispirata dal poema di James Thomson, Ode on Æolus's Harp), meditativi, come illustrato in figura 8.
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Figura 7 - J.M.W. Turner, Manchester Art Gallery,  Eolo con la sua arpa suonata dai quattro venti, 1809
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Figura 8 – L’arpa eolica, Henri Fantin Latour (Ignace Henri Jean Théodore Fantin-Latour 1836-1904  è stato un pittore e litografo francese.) 1888 Litografia su carta.

Curiosità: la storia di un errore

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Secondo alcune recenti ricerche, l'arpa Eolica, come era conosciuta nella poesia inglese, deve la sua importanza per un errore commesso nel VI secolo DC, al tempo dei primi commenti sulle satire di Giovenale. Tra i pochi che sono stati conservati, c'è un commento della Satira 15, dove la riga 7-8 recita: " risuonano le magiche corde dei ruderi di Mèmnone”
 “Chi non sa quali mostri venera,
Volusio di Bitinia, il folle Egitto?
In un luogo si adora il coccodrillo,
in un altro si ha sacro timore dell'ibis,
gran razziatore di serpenti.
Qui, dove giace sepolta l'antica Tebe
dalle cento porte e risuonano
le magiche corde dei ruderi di Mèmnone,
riluce la statua dorata
d'uno scimmione sacro.
Intere città venerano i gatti,
altre un pesce del Nilo o un cane,
nessuna Diana”…
 
La parola "Memnone" si riferisce a una statua egizia che si pensa sia l'immagine di un eroe leggendario. Memnone era un re d'Etiopia che ha guidato il suo esercito dall'Africa all'Asia Minore per difendere la città di Troia durante la guerra di Troia, ma era stato là ucciso da Achille. Per onorare la sua memoria è stata costruita una statua e si è detto che, in un dato momento, avrebbe prodotto un suono misterioso. Prima della loro parziale distruzione, un esponente della scolastica del IX secolo ha usato questi commenti e il suo lavoro è stato conservato intero in molti manoscritti, uno delle quali è stato pubblicato nel 1585 nell’edizione curata dallo studioso cinquecentesco Pierre Pithou. Questo commento è stato ristampato nella sua versione del IX secolo da molti editori del  XVII e XVIII secolo, con il risultato che gli errori della scolastica dell'antico Giovenale sono stati diffusi tra i lettori di poesia nei tempi moderni. Il commento della Satira 15, riga 7-8, di Giovenale nella sua forma del IX secolo recita :
 “La statua di Memnone, in bronzo, che reggeva un liuto, cantava  in certi momenti. Re Cambise ordinò che essa venisse aperta, immaginando che ci fosse un meccanismo che era nascosto all'interno della statua. Anche così, aperta la statua, che era stata messo sotto un incantesimo, ha restituito il suono nelle ore stabilite. È per questo che Giovenale disse "dimidio" - cioè, aperto e diviso in due.
 Tra gli errori contenuti nel commento precedente, la più influente, per quanto riguarda interessa la letteratura inglese, è l'affermazione che la statua aveva in mano un liuto. Questo non è vero e probabilmente sarebbe il risultato di un fraintendimento delle parole di Pausania, che raccontavano la reazione del re egiziano Cambise di fronte al "mistero" della statua. Pausania (un viaggiatore e geografo greco del II secolo DC, autore del Descrizione della Grecia) ha riportato che il suono che usciva dalla statua di Memnone era "molto simile alla vibrazione di una corda rotta della lira o una corda di liuto", mentre il suono era probabilmente dovuto al risultato dell'aria intrappolata nelle crepe generate nel corpo della statua da un terremoto: quando si è verificato un improvviso cambiamento di temperatura, l'aria intrappolata all'interno uscito e di è prodotto un rumore.
Diversi commentatori successivi hanno ripetuto l'errore dei primi scoliasti e fu accettato che la statua di Memnone teneva un liuto nelle sue mani. Ma è con una poesia scritta nel 1744 che l'immagine di "arpa di Memnone" ha raggiunto la sua forma più pienamente sviluppata e ha esercitato una notevole influenza sull'interpretazione romantica dell'arpa Eolica. La poesia in questione è di Mark Akenside “The Pleasures of Imagination”, un lavoro ben conosciuto sia a Wordsworth e Coleridge. Grazie al successo ottenuto dal poema di Akensinde, la frase "arpa di Memnone", o "lira di Memnone", come lo strumento è chiamato dall'autore, ricorre abbastanza spesso nella poesia inglese del tardo XVIII secolo, quando nasce esplicitamente il collegamento fra le arpe di Eolo e Memnone. Fu allora che l '"errore" ha cominciato a diffondersi tra poeti inglesi.
Tuttavia, dopo l'inizio del XIX secolo, i riferimenti all’ "arpa di Memnone" hanno iniziato a diventare meno frequenti. In primo luogo, ciò era dovuto al fatto che i vari viaggiatori del XIX secolo nella Tebe egiziana erano in disaccordo su quale dei colossi trovati fosse il "Memnone" degli scrittori classici; e in secondo luogo, i loro disegni delle statue in questione davano ampia prova che nessuno delle presunte statue aveva mai tenuto uno strumento musicale. Eppure, anche se è stato dimostrata illusoria l'esistenza di "arpa di Memnone" nell'era romantica, la statua stessa, e in particolare l'arpa, hanno continuato a figurare in poesia inglese.
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